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Dovere di fedeltà

5 risposte sul dovere di fedeltà

Cosa si intende per dovere di fedeltà nel diritto del lavoro?

Il dovere di fedeltà secondo il diritto del lavoro significa che il lavoratore deve salvaguardare gli interessi del proprio datore di lavoro. In qualità di lavoratore dipendente non dovete quindi fare nulla che possa danneggiare il vostro datore di lavoro economicamente o in termini di reputazione. Dovete quindi svolgere il vostro lavoro in modo attento e professionale, dovete proteggere i segreti di fabbrica¬zione e di affari e, nel caso in cui svolgiate un’attività secondaria, dovete verificare che questa non sia in contrasto con gli interessi del vostro datore di lavoro principale. Ciò che questo significa concretamente dipende in particolare dalla vostra funzione, dal settore in cui lavorate e anche dal vostro carico di lavoro.

Secondo quanto stabilito dal Tribunale federale, se lavorate in una posizione manageriale, il dovere di fedeltà si applica «in misura maggiore, motivo per cui una violazione di questo dovere da parte di un dipendente che ricopre una tale funzione è più grave». Anche se lavorate in un'azienda con un chiaro orientamento, come ad esempio in una chiesa o in una lobby, violare il dovere di fedeltà può avere conseguenze maggiori. Inoltre, se siete impiegati al 100% e decidete di svolgere un’attività lavorativa aggiuntiva, potreste essere in violazione del dovere di fedeltà, poiché l’attività lavorativa aggiuntiva potrebbe avere un impatto sul vostro rendimento nel vostro lavoro principale.

Il dovere di fedeltà significa che devo andare a lavorare quando sono malato?

No. Andando a lavorare da malato, ovvero quando risultate incapaci di prestare attività lavorativa a causa della malattia, rischiate addirittura di violare il vostro dovere di fedeltà. Questo potrebbe accadere, ad esempio, se doveste commettere errori perché non siete in grado di concertarvi correttamente a causa della malattia.

Tuttavia, è principalmente responsabilità del vostro datore di lavoro di assicurarsi che non lavoriate in malattia. Questo perché la controparte del dovere di fedeltà del dipendente, è il dovere di protezione da parte del datore di lavoro. Quest’ultimo deve infatti prendere tutte le misure ragionevoli per proteggere la vostra salute. I bonus di presenza possono quindi essere in contrasto con il dovere di protezione ai sensi del diritto del lavoro e, in ogni caso, non devono indurre un lavoratore a presentarsi malato in ufficio, in officina o nello studio medico.

Posso dissentire pubblicamente dalla posizione politica del mio datore di lavoro?

In line di principio, sì.

Se siete politicamente attivi, state esercitando la vostra libertà di opinione, protetta dalla costituzione. Potete esercitare tale libertà anche nel caso in cui la vostra opinione politica non corrisponda a quella del vostro capo. Tuttavia, la vostra libertà di espressione è limitata dal vostro dovere di fedeltà ai sensi del diritto del lavoro.

In linea di principio, il vostro datore di lavoro non può obbligarvi, contro la vostra volontà, a esprimere una determinata opinione politica. Il vostro datore di lavoro può però impartire istruzioni in questo senso e la misura in cui può impartire tali istruzioni dipende prima di tutto dalla vostra funzione. In una funzione manageriale, per esempio, dovrete fare attenzione a come vi esprimete pubblicamente sulla vostra azienda. Se siete impiegati solo su base oraria per un lavoro temporaneo, si applicano regole meno severe (vedi anche: «Il capo può controllare i miei post privati sui social media?»). Se invece lavorate come portavoce, anche nella vostra sfera privata dovete esporvi il meno possibile su argomenti che rappresentate nella vostra veste professionale (vedi anche: "Il mio capo può proibirmi di impegnarmi politicamente?").

Infine, indipendentemente dalla vostra funzione, dovete esporvi il meno possibile se lavorate per una azienda che persegue ideali precisi e in cui l'orientamento economico non è in primo piano. Qui, il dovere di fedeltà secondo il diritto del lavoro significa generalmente che non dovete prendere pubblicamente una posizione opposta a quella del vostro datore di lavoro. Se ad esempio lavorate per un'istituzione ecclesiastica, essa può proibirvi di identificarvi pubblicamente come liberi pensatori.

Il mio capo può proibirmi di svolgere un’attività secondaria?

In linea di principio no, a condizione che lo svolgimento di un secondo lavoro non vi porti a violare il vostro dovere di fedeltà. A scanso di equivoci, prima di intraprendere un secondo lavoro, dovreste sempre discutere la questione con il vostro capo. In alcuni casi, un dovere di informazione a tale proposito è ancorato anche nel contratto di lavoro stesso.

Se lavorate part-time, il vostro capo non può proibirvi di intraprendere un secondo lavoro. Tuttavia, c'è un limite a questo diritto nella clausola di non concorrenza: se con l’attività lavorativa secondaria lavorate per un concorrente diretto, potreste essere in violazione del dovere di fedeltà come definito nel diritto del lavoro.

Lo stesso vale se lavorate a tempo pieno. In questo caso però si aggiunge il fatto che dovete svolgere il vostro lavoro anche se la sera prima avete svolto fino a tardi la vostra attività secondaria. In altre parole, il vostro lavoro secondario non deve interferire con le vostre prestazioni nel vostro lavoro principale.

Sono in violazione del dovere di fedeltà se mi candido per un lavoro presso la concorrenza?

In linea di principio no. Secondo quanto previsto dal diritto del lavoro, se non avete concordato per iscritto di rispettare un accordo di non concorrenza, non violerete il vostro dovere di fedeltà candidandovi per un lavoro presso un concorrente.

Anche qualora esistesse divieto di concorrenza scritto, non siete obbligati a rispettarlo in ogni caso. Una tale divieto infatti è valido solo se avete conoscenza «della clientela o dei segreti di fabbricazione e d’affari e se l’uso di tali conoscenze possa cagionare al datore di lavoro un danno considerevole». Inoltre, il divieto di concorrenza non deve pregiudicare in maniera sostanziale il vostro avvenire economico e pertanto può essere valido per più di tre anni solo in circostante particolari e giustificate.

Secondo quanto stabilito dal Tribunale federale, quanto vale per il divieto di concorrenza, vale anche per il divieto di sollecitazione. C'è una linea sottile tra il contatto normale ammissibile con i clienti e la sottrazione di clienti inammissibile e dannosa per gli affari. In tal senso, i tribunali hanno opinioni diverse sul fatto che un dipendente possa o meno informare i suoi clienti quando cambia lavoro passando ad un’altra azienda. Per evitare ogni problema la soluzione migliore è di concordare con il vostro datore di lavoro una formulazione standard da inserire, ad esempio, nell’e-mail di addio.


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