Lavorare

La mia datrice di lavoro può licenziarmi dopo il congedo di maternità?

In Svizzera vige un'ampia libertà di licenziamento. Una datrice di lavoro può quindi licenziare una dipendente dopo il suo congedo di maternità. Tuttavia, se viene licenziata a causa della maternità, il licenziamento è discriminatorio e la lavoratrice ha buone possibilità di ottenere un risarcimento.

Una dipendente non è più completamente protetta dal licenziamento quando rientra dal congedo di maternità. Tuttavia, la datrice di lavoro è vincolata dalla legge federale sulla parità dei sessi e non può discriminare la madre a causa del suo sesso. Se lo fa, la dipendente ha diritto a un’indennità. Nel caso di rapporti di lavoro di diritto pubblico, può esistere anche il diritto al mantenimento del posto di lavoro.

La libertà di licenziamento si applica anche alle madri

La libertà di licenziamento che vige in Svizzera significa che la datrice di lavoro può licenziare la propria dipendente dopo il congedo di maternità. In particolare, la datrice di lavoro può licenziare la dipendente 16 settimane dopo il parto (vedi anche: «I periodi protetti»).

Licenziamento per maternità inammissibile

Se una datrice di lavoro licenzia una dipendente perché è madre, viola la legge sulla parità dei sessi. Questa sancisce il divieto di discriminazione e stabilisce che i dipendenti «non devono essere pregiudicati né direttamente né indirettamente a causa del loro sesso». In particolare, la gravidanza non può portare a discriminazioni, ossia la datrice di lavoro non può licenziare una dipendente solo per motivi di maternità.

Attenzione: chiunque voglia difendersi da un licenziamento abusivo e chiedere un risarcimento deve presentare alla datrice di lavoro un'opposizione scritta contro il licenziamento, al più tardi entro la fine del termine di disdetta.

Alleviamento dell'onere della prova per le madri licenziate

Se la madre licenziata non riesce a raggiungere un accordo con la sua datrice di lavoro, è sufficiente che possa rendere verosimile che il licenziamento è stato discriminatorio. Se la madre licenziata riesce a farlo, la palla passa alla datrice di lavoro. La datrice di lavoro deve quindi convincere l’autorità di conciliazione o il tribunale che sussistono seri dubbi in merito alla posizione della madre licenziata. Deve ad esempio dimostrare che il rendimento della madre è inadeguato o che è stata licenziata per altri motivi oggettivi, come una riorganizzazione.

Attenzione: se la datrice di lavoro giustifica un licenziamento con una ristrutturazione o una riorganizzazione, deve dimostrare che la riorganizzazione è stata la ragione decisiva del licenziamento. (Vedi anche: «Licenziamento dopo il congedo di maternità: sempre consentito dopo la riorganizzazione?»)

Richiesta di indennità per discriminazione

Se la datrice di lavoro non è in grado di fornire la prova contraria, il licenziamento discriminatorio si considera provato e la persona impiegata in base al diritto delle obbligazioni ha diritto a un’indennità massima di sei mesi di stipendio.

La discriminazione può avere conseguenze ancora più gravi per una datrice di lavoro nell'ambito del diritto pubblico. Ad esempio, se un’opposizione contro un licenziamento discriminatorio viene accolto, la legge sul personale federale obbliga la datrice di lavoro colpevole a reintegrare la persona in questione. Su richiesta di quest'ultima, la datrice di lavoro può anche versare un’indennità «corrispondente di regola almeno a sei stipendi mensili e al massimo a uno stipendio annuo».

Aggiornato il 15 febbraio 2024